Rosa, 50 anni, non coltiva solo fiori, ma soprattutto il sogno di ballare. E con tanto lavoro sulle sue gambe, alla fine ce la farà. Anche tu, #ContaSulleTueGambe.

Sono figlia e nipote di vivaisti e non a caso mi chiamo Rosa. Nella nostra famiglia tutto ruota intorno ai fiori e nessuno mai aveva messo in discussione questo dogma. Nessuno… prima di me. Io sono la ribelle di casa, quella che voleva scappare via dalle lunghe serre che solcano, come nastri argentei, la terra scura, quella che ai colori dei boccioli preferiva le luci soffuse di una sala da ballo.

 

Sono nata con il pallino della danza, da sempre convinta che il mio destino non fosse quello di portare avanti l’azienda vivaistica di famiglia, ma di volteggiare sulle punte dei piedi.

 

“Ma dove vuoi andare con quelle gambe? Non lo vedi che sono perfette per stare ben piantate a terra? Altro che piroette!” – mi diceva mia mamma fin da piccola.

 

Mamma non aveva tutti i torti

Quando, all’età di 12 anni, finalmente convinsi i miei ad iscrivermi ad una scuola di danza, da parte della maestra di ballo arrivò la doccia fredda: “La ragazza non è adatta, ha le gambe troppo grosse, i piedi un po’ piatti e non mi sembra molto agile. Fossi in voi la iscriverei a softball o al limite a pallavolo, le braccia le vedo belle robuste…”

 

L’insegnante parlava di me come se stesse valutando un asino. Io mordevo il freno per la voglia di insultarla. Ma invece stetti zitta e incassai. E finii per fare il volere della mia famiglia: diploma in agraria e naturalmente, subito dopo, via con il lavoro al vivaio.

 

La vita non è tutta rose e fiori

Il lavoro era molto faticoso, sempre a contatto con la terra, a potare, innestare, fertilizzare ecc. E poi ore e ore alla vendita… A 30 anni avevo le gambe come due tronchi d’albero, e certo in quelle condizioni non avrei potuto ballare neppure una mazurka in balera.

 

Intanto mi ero sposata con Ettore e insieme avevamo prodotto un gioiello meraviglioso, nostra figlia Lucilla. Anche in quel caso mi ribellai alle usanze familiari e non imposi alla piccola il nome di un fiore. Tutto sommato ero felice, ma sentivo che mi mancava qualcosa, come una spina dentro. Intanto, c’era il problema delle gambe…

 

Se già il lavoro non mi aiutava, dopo la gravidanza le cose erano andate peggiorando e il senso di pesantezza, le vene in evidenza e le caviglie gonfie erano ormai talmente evidenti che mi ero dimenticata cosa significasse indossare una gonna. Del resto, la mia divisa d’ordinanza era sempre e solo una comoda salopette.

 

Di ballare… mi ero scordata! Anzi, diciamo che non avevo mai cominciato.

 

Un incontro casuale e decisivo

Un giorno, circa 10 anni fa, accadde l’imprevisto. Conobbi un’insegnante di tango argentino, una donna sulla sessantina molto affascinante, che aveva aperto una scuola vicino al mio paese e che si era rivolta a noi per un addobbo floreale sontuoso per l’inaugurazione.

 

Entrare in quella sala da ballo ebbe un effetto shock. Mi dissi: “Rosa, è la tua occasione!”.

 

Ma come presentarmi a lezione con quelle gambe gonfie e piene di cellulite? Fu quella donna, con i suoi preziosi consigli, ad aiutarmi e realizzare il mio antico sogno. Sulle mie gambe! Perché lo sentivo che, sotto sotto, avevano delle potenzialità inesplorate.

 

Una terapia d’urto per le mie gambe

Per prima cosa, Marta mi spinse a migliorare il mio regime alimentare. Meno fritti e dolciumi e più frutta e verdura, tanta acqua e un po’ di esercizi mirati per ridare elasticità ai tessuti e ai muscoli delle gambe. Me li insegnò lei stessa, perché, come mi spiegava, per ballare il tango ci vogliono gambe snelle, ma forti!

 

Inoltre mi suggerì di andare in farmacia a farmi consigliare integratori a base di estratti vegetali con effetto antiossidante e flebotonico per migliorare l’elasticità delle mie vene, che di loro tendono ad ingrossarsi.

 

Le mie gambe presero una forma decisamente più affusolata. Nel frattempo cominciai a dimagrire e con gli esercizi, i massaggi con prodotti astringenti e rinfrescanti che mi davano tanto sollievo, e l’uso di calze a compressione graduata, finalmente iniziai a rendermi conto di poter contare, stavolta per davvero, sulle mie gambe. Non solo per piegarmi a controllare le piantine o sostenere il peso dei sacchi di compost, ma per farmi elegantemente scivolare sulla pista.

 

Pian piano, riuscii nel mio intento

A quel punto ero pronta per iniziare le mie lezioni! Ebbene sì, non sapevo ancora ballare, ne avevo solo coltivato il desiderio, proprio come un bel fiore. Del resto il tango argentino non è facile da imparare, è un ritmo lento e sensuale, da danzare con il corpo attaccato a quello del tuo cavaliere, con cui deve esistere una sintonia totale. Per questa ragione decisi che avrei coinvolto Ettore.

 

Né io né mio marito eravamo il prototipo dei ballerini di tango, e per questa ragione eravamo… perfetti! Io con le mie gambe sempre troppo carnose e lui con la pancia, non esattamente l’immagine del latino tutto fuego. Le lezioni, però, ci aiutavano a spogliarci anche delle nostre inibizioni e a trovare, passo dopo passo, un nuovo e più complice modo di relazionarci e di entrare in intimità. Se inizialmente non facevamo che pestarci i piedi, pian piano diventammo davvero bravi.

 

Un regalo inaspettato

Oggi, dopo 10 anni di tango assiduo, non solo tengo sotto controllo le mie gambe, che sono molto più toniche e leggere di quando ero giovane, ma soprattutto… ho un’altra figlia! Nata come un dono insperato 5 anni fa, quando avevo già 45 anni e certo tutto mi aspettavo tranne che di diventare di nuovo mamma.

 

La bimba è stata un regalo così prezioso e delicato che ho deciso di seguire la tradizione di famiglia e darle il nome di un fiore! Gigliola rappresenta il filo conduttore tra le mie radici e ciò che sono diventata grazie alla mia volontà. Ogni volta che la guardo penso a come la mia vita si sia arricchita da quando ho deciso di seguire il mio istinto e mettermi in gioco, e di farlo coinvolgendo mio marito.

 

I fiori sono tuttora la mia croce e delizia. Non posso farne a meno, ma il tango… è stato il regalo atteso da una vita, la mia soddisfazione più grande, il piacere di sentire le mie gambe muoversi in perfetto accordo con il bandoneón. Cosa si può desiderare di più?

 

Le storie e i personaggi riportati all’interno di questo articolo sono inventati e pertanto non riferibili a persone e/o accadimenti specifici, tuttavia esse sono anche frutto di una rielaborazione di situazioni realistiche e pertanto in qualche modo rappresentative di episodi teoricamente possibili.

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